Come e perché

playing pianoBentrovati!

Questo sito è dedicato ai musicisti. In particolare, si parla qui della prestazione tecnica sullo strumento, dello studio musicale e dei problemi connessi.

Quando i miei genitori mi comprarono la prima chitarra (classica, occorre dirlo?), sul frontespizio dell’immancabile “metodo” che l’accompagnava (che andava allora per la maggiore in tutte le scuole e i conservatori italiani) campeggiava il nome di un certo Ferdinando Maria Meinrado Francesco Pascale Rosario Carulli, un signore famoso – e certamente benemerito – nato nel 1770.

Il mio primo articolo sulla performance musicale venne invece pubblicato sulla rivista Chitarre nel 1994, come inizio di una serie che Andrea Carpi pensò felicemente di chiamare Body Guitaring. L’apprezzamento fu superiore alle mie aspettative, e mostrò che c’era – da parte dei musicisti – una grande fame di informazioni che evidentemente non era facile trovare nei libri, nelle scuole di musica o presso i conservatori.

Stava emergendo una verità che la mia esperienza professionale negli anni seguenti avrebbe solidamente confermato: che la didattica musicale (mondo quanto mai variegato di eccellenti maestri, onesti professionisti e personaggi mediocri) non riesce a darci sempre le risposte che cerchiamo, tanto come praticanti che come insegnanti. E, certo, confondere il portento tecnico con il talento didattico non ci favorisce − nell’una o nell’altra veste − nel nostro procedere.

Le conseguenze ne discendono come in un sillogismo: questa cultura è capace di creare pochi mostri sacri (i cosiddetti “veri talenti”), diversi ottimi strumentisti… e milioni di musicisti un po’ frustrati, inclusi quelli che sono stati considerati non portati ed hanno appeso i bongos o la loro Eko Clarissa al chiodo, e che si limitano ora a battere il tempo col piede quando sono altri a suonare.

Non voglio affermare che qualità come la sensibilità, le capacità interpretative o il saper emozionare non siano fondanti per un artista. Al contrario: dico che queste doti sono così fondanti che vanno necessariamente sostenute da una crescita tecnica e fisiologica che si appoggi ad un metodo fisiologico.

Il metodo è una progressione di passi che (quali che siano la misura della tua mano, la tua abilità di allargare le dita o la tua velocità di articolazione) parte da come sei fatto oggi e procede – assieme a te – verso il musicista che potrai essere.
Un metodo fisiologico insegna a non abusare del tuo corpo, ed a riconoscere quando invece lo stai facendo; a capire cosa è necessario sviluppare prima, e cosa deve aspettare; a individuare i punti morti e le loro cause, e risolverli efficacemente.

Il metodo universale, però, non esiste: perché come esseri umani siamo entità piuttosto complesse, e soprattutto perché gli individui sono diversi (a volte estremamente diversi) l’uno dall’altro.
Per questo, è importante avere buoni insegnanti. Non lasciatevi ingannare dalle statistiche: per cento musicisti importanti e di successo che su una rivista o un sito si dichiarano autodidatti, ci sono migliaia di altri autodidatti che non si sono mai neanche avvicinati ad esprimere il proprio potenziale tecnico ed artistico. Per non parlare delle altre migliaia che si sono fatti incastrare in una didattica mediocre, senza mai riuscire ad uscirne.

Questo accade, forse, perché l’insegnamento della musica è stato considerato da sempre elitario, con una forte e aprioristica divisione tra chi è portato e chi non lo è. La musica, poi, ha storicamente rivestito un ruolo di intrattenimento, con un indotto economico che non ha mai giustificato particolari investimenti in didattica, metodologia, ergonomia, ricerca, prevenzione degli infortuni ecc. Solo negli ultimissimi decenni, con la creazione di uno stardom musicale ed il relativo aumento del giro di affari, abbiamo accesso ad una maggiore qualità e quantità di risorse e informazioni utili. Ancora paghiamo, però, il retaggio ereditato: mezzo millennio di cultura pesa, e richiede tempo per essere sovrascritto ed aggiornato.

Chi forma i maestri di musica?
Solitamente si diviene insegnanti (fai-da-te) quando i concerti o i dischi prodotti non bastano a farci vivere come vorremmo. Questa cultura genera a cascata insegnanti che sono, di fatto, impreparati (salvo che per talento e intuizione personale) a individuare le giuste traiettorie di crescita per i loro allievi, a fornire risposte alle specifiche caratteristiche (i cinici parlerebbero di problemi) che ciascun individuo peculiarmente presenta. È un “metodo” che tende a privilegiare i pochi fortunati che si ritrovano adatti al metodo e che nella pratica quotidiana non vanno incontro a problemi fisici.

Di fatto, non si dà per scontato che un insegnante di musica debba padroneggiare anche materie come la pedagogia, la psicologia, l’anatomia, la fisiologia, l’ergonomia, la meccanica, con conoscenze di infortunistica e performance engineering. Perché ci si aspetti che un generico studente possa dare il meglio di sé senza che nessuno si prenda cura di questi suoi aspetti rimane, per me, un mistero. È una situazione che, da tecnico dello sport ed esperto di prestazione, non riscontro in nessun altro campo delle attività umane. E il fatto paradossale è che chiunque lavori nel campo della didattica musicale, specie se con anni di esperienza, concorderà, chiudendo i suoi commenti con un desolato “… ehhh… ma come si fa?!”

Sono più di vent’anni che studio, da musicista e insegnante, la performance musicale. Il mio lavoro si basa su un modello coerente e su pochi e chiari principi. Credo che la chiave per costruire una prestazione tecnicamente elevata stia nella capacità di individuare quali mattoni vadano posti alla base della piramide prestativa; o, se la piramide è ormai costruita, capire dove sia consigliabile intervenire per consolidare, o per rimuovere strutture che finiscono per limitare i progressi.

Mille questioni possono mettersi in mezzo alla nostra strada evolutiva. Spesso basterebbe poco per uscire da una impasse, superare una difficoltà o un punto morto; ma quando ci si è dentro a volte si perde la prospettiva corretta, e non si riesce a vedere.
Soluzioni.
In venti anni di studi sui musicisti ho visto molto; ho cercato di capire, ho archiviato, elaborato, ricercato, studiato, applicato; studiato ancora, e tornato ad applicare. Ho fatto, soprattutto, tesoro delle soluzioni trovate da coloro che avevano risolto.

Spero che i contenuti di questo sito possano aiutarvi nel vostro percorso verso una musicalità alta, e felice.

Buona consultazione!

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